AI CONFINI DELLA LEALTA'

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INES TABUSSO
00domenica 25 febbraio 2007 18:54


AI CONFINI DELLA LEALTA'



"È vero che è stata esercitata una pressione forte sull’Udc da settori della maggioranza. Inutilmente, perché è ancora più vero che abbiamo sempre avuto come punto di riferimento unico la lealtà verso i nostri elettori".
(on. Pierferdinando Casini, leader Udc, Corriere della Sera, 25 febbraio 2007)



"Come ha chiaramente detto il segretario nazionale dell'Udc, Lorenzo Cesa, e confermato Pierferdinando Casini, siamo e resteremo fedeli al patto con i nostri elettori, e quindi non entreremo certamente in un governo di centrosinistra".
(on. Salvatore Cuffaro, Udc, Presidente della Regione Sicilia, MF Sicilia, 23 febbraio 2007)




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"Cuffaro e' certo che non ci sara' alcuna giravolta. Anche perche' se cio' dovesse accadere, il primo a subirne le dirette conseguenze potrebbe essere proprio lui. Difficilmente, gli alleati del centrodestra gli consentirebbero di continuare a sedere sulla poltrona di presidente della Regione. Quindi, Casini prima di recidere definitivamente il cordone con il centrodestra dovrebbe ottenere il consenso di Cuffaro che con il suo bagaglio elettorale rappresenta una cospicua parte dell'intera udc. E' noto che senza i voti della Sicilia lo Scudocrociato, che i sondaggi rivelati dallo stesso Casini darebbero al 7%, sarebbe dimezzato o quasi. Si allontanerebbe definitivamente da quella soglia del 10% - comunque difficilissima da raggiungere - che gli consentirebbe di fare l'ago della bilancia tra i due schieramenti maggiori..."

cfr.:

LA SICILIA
23/2/2007
CUFFARO: «CASINI NON FARÀ INCIUCI»

www.ars.sicilia.it/documentiesterni/ufficiostampa/rassegnapdf/articolipdf/5...




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MF SICILIA
23/2/2007
CUFFARO, PONTE PER PRODI

www.ars.sicilia.it/documentiesterni/ufficiostampa/rassegnapdf/articolipdf/5...




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CORRIERE DELLA SERA
25 febbraio 2007
«Il vero centrismo non è tradire i nostri elettori»
«Quella di Follini è una vicenda triste. Io non andrò con questo governo» «Che errore evocare il voto. Le opposizioni non sono due ma quattro»
Massimo Franco


ROMA — Romano Prodi, dice, è messo male. E pure il bipolarismo. Il governo, se davvero rinasce, «durerà mesi», non di più. Ma anche il centrodestra, ammette Pier Ferdinando Casini, è slabbrato. La crisi ha rivelato l’esistenza «non di due ma di quattro opposizioni». Il partito unico si è rivelato «un bluff». E sulla leadership, è tutto in forse: tranne, sostiene il capo dell’Udc ed ex presidente della Camera, il fatto che non potrà toccare di nuovo a Silvio Berlusconi. Su Marco Follini, Casini abbassa la voce come se parlasse di un evento funebre. «È una vicenda triste», dice del suo appoggio all’Unione. Parla di «tradimento del mandato popolare» da parte del suo ex amico e sodale. E scansa con fastidio le voci di un proprio avvicinamento al governo.
È pronto a chiedere scusa a Berlusconi?
«E per quale motivo?»
Non aveva qualche ragione quando diceva che dietro il centrismo si nasconde il trasformismo?
«Al contrario. Sono convinto che i trasformismi uccidano qualsiasi prospettiva centrista. Per quanto mi riguarda, la vicenda di Follini si era chiusa nel momento in cui ha abbandonato l’Udc. Per il resto, ognuno risponde delle proprie scelte. Per chi gli vuol bene e lo ha conosciuto, questa vicenda è così triste che è meglio non aggiungere altro ».
È triste perché era segretario del suo partito e questo le crea imbarazzo?
«Non ho nessun imbarazzo: non era più nel mio partito. Anzi, inserisco l’unico elemento scherzoso in questa storia penosa: mi viene da dire che una delle accuse rivoltemi da Follini era di avere tolto dalle liste elettorali alcuni parlamentari a lui vicini. Col senno di poi, più che una colpa, mi sembra sia stato un merito. La tristezza viene da una certezza: che nessuna fase politica nasce sul tradimento del mandato che si riceve dai propri elettori ».
Sicuro? Follini sostiene di avere fatto l’apripista anche per lei. La aspetta. Quando vi ricongiungerete?
«La ritengo l’ennesima battuta cattiva, niente di più. Cattiva e malevola».
Solo questo?
«In che senso?»
Nel senso che si continua a parlare di pressioni dell’Unione su di lei per far votare l’Udc col governo; e anche per premere su Follini perché entrasse.
«È vero che è stata esercitata una pressione forte sull’Udc da settori della maggioranza. Inutilmente, perché è ancora più vero che abbiamo sempre avuto come punto di riferimento unico la lealtà verso i nostri elettori. Non a caso ci siamomossi con una grande coerenza, invocando il superamento di questo governo e di questa maggioranza ».
Già, e non ci siete riusciti.
«Per ora no. Quello che poteva nascere, doveva nascere sul riconoscimento che l’Unione non c’è né politicamente né numericamente. Invece, Prodi e la sua coalizione continuano con la sindrome dell’autosufficienza. Fingono di avere numeri che al Senato non hanno. Continuino pure raccattando uno o due senatori in più. Il Paese perderà solo tempo. E ci ritroveremo al punto di oggi, se non peggio».
Lei assicura che non sarà il prossimo alleato di Prodi
«È ridicolo. Contrasta con l’evidenza dei fatti, è gossip giornalistico».
Gossip di Follini, semmai.
«Non posso impedirglielo».
Non è che queste voci le facciano un gran favore.
«Follini non me ne ha fatti già molti altri».
L’impressione è che ci sia qualcosa di non detto, fra voi.
«Per me parlano i fatti. Per il resto, non posso che ripetere che sono triste per lui».
Non si sente danneggiato agli occhi del centrodestra?
«Di danni, Follini me ne ha già fatti: basta leggere l’elenco delle polemiche degli ultimi otto mesi. Polemizzava più con me che con Berlusconi».
Lei sostiene che si perde tempo. Ma non vuole questo governo e neppure le elezioni, al contrario di Berlusconi e della Lega. È un po’ contraddittorio, non crede?
«Se c’è una cosa che è servita a Prodi per rimettere in piedi la maggioranza, è stato proprio il fatto di evocare le elezioni anticipate. Chiedere di andare alle urne subito ha significato levargli le castagne dal fuoco. La richiesta compiaceva gli elettori del centrodestra,ma soprattutto finiva per avvicinare l’ipotesi di un Prodi bis».
Esiste anche un’altra versione: che lei e Fini, leader di An, abbiate detto no allo scioglimento delle Camere per evitare che Berlusconi fosse di nuovo candidato a Palazzo Chigi.
«Per l’Udc, la candidatura di Berlusconi non era nel novero delle possibilità. Quindi, si tratta di una prospettiva che non temevamo e non temiamo. Il problema vero è questo bipolarismo: così com’è, produce storture a ripetizione. La crisi che stiamo vivendo è figlia dei predicatori e delle vestali che continuano ad accreditare la superiorità di questo bipolarismo. Invece, prima di votare di nuovo, la legge elettorale va cambiata. Per questo ho chiesto una fase di decantazione e di responsabilità nazionale: si deve arrivare ad una legge che rifletta il modello proporzionale tedesco».
Vuol dire che se anche si andasse al voto entro pochi mesi, per voi Berlusconi non potrà essere comunque il candidato premier?
«Che novità c’è? Lo diciamo da mesi. Comunque, le elezioni subito non ci sono. Dunque, stiamo parlando del nulla».
Non è strano che vogliate cambiare una legge elettorale voluta e rivendicata dall’Udc?
«La rivendico tuttora, anche se l’avrei voluta con le preferenze. Questa legge elettorale non ha maggiori responsabilità di quante ne avesse la precedente. Almeno, è stata un primo passaggio verso il sistema proporzionale. Dal 1994 a oggi sono passati più di 12 anni. Qualcuno esalta ancora il bipolarismo e sembra non vedere che il capo dello Stato in questi giorni ha consultato diciannove partiti».
Insomma, per lei è naufragato il binomio bipolarismo- stabilità.
«Così com’è, il bipolarismo si riduce a raccattare di tutto: una formula che permette di vincere ma non di governare. Finisce che la politica italiana può essere ricattata dal signor Turigliatto».
Le si potrebbe obiettare che Berlusconi ha governato 5 anni.
«Ma perché la coalizione di centrodestra era meno raccattata di questa».
La scelta di Follini non è un colpo mortale al centrismo?
«No, non è un colpo mortale. Ma certamente un danno. Non è questo tipo di centrismo che può essere compreso dall’elettorato».
Secondo lei Prodi ce la farà a rimettere in piedi la coalizione?
«Ho questa impressione. Ed è un danno, perché ritarda la presa di coscienza della necessità di aprire una fase politica nuova».
Il bipolarismo che blinda se stesso?
«No, che cerca di sopravvivere in modo penoso. Oggi è Follini, domani sarà De Gregorio, dopodomani Turigliatto. Ma sono operazioni senza respiro ».
Non è che il centrodestra in questa fase sembri così compatto.
«Si è verificato quello che dicevo io: non è vero che esiste una sola opposizione. La crisi ha dimostrato che ce ne sono addirittura quattro. La Lega è per elezioni anticipate, FI sceglie una posizione intermedia, e An un atteggiamento responsabile e serio. E poi ci siamo noi. Gli slogan sul partito unico si sono rivelati dei bluff».
Questo rafforza Prodi, non crede?
«Questo ci obbliga ad evitare una politica affidata agli slogan, e a riflettere su futuro. Lo avevo fatto presente subito dopo il voto, subendo scomuniche e demonizzazioni ».
Bipolarismo finito?
«Così come l’abbiamo percepito negli ultimi dodici anni, sì. Siamo di fronte ad una crisi di governo e di sistema».
Si sente ancora uno dei candidati a premier del centrodestra?
«Non mi sento candidato di questo centrodestra. Deve prima cambiare lo schema. Altrimenti, qualunque giocatore rischia di fare la fine di Prodi ».
Quanto può durare il governo Prodi, se riottene la maggioranza?
«Non sarei così ottimista: qualche mese».
Sta già finendo la legislatura?
«Non sfruttando l’opportunità, si dà un grande contributo a farla finire presto».
Se Prodi cadesse ci sarà un altro governo?
«Penso di sì. Comunque con i sondaggi che danno l’Udc in crescita non abbiamo certo timori di elezioni».



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