Limite numerico massimo di praticanti per avvocato

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cicolex
00giovedì 27 aprile 2006 08:24
Deve ritenersi legittimo il provvedimento con il quale il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, sulla scorta di una norma regolamentare, rigetta la domanda avanzata da un avvocato per ottenere l’autorizzazione ad accogliere nel proprio studio legale un terzo praticante - in deroga al limite numerico di due praticanti stabilito dallo stesso regolamento - nel caso in cui in cui tale domanda, come espressamente richiesto dal regolamento medesimo, non sia sufficientemente circostanziata in merito alle particolari ragioni idonee a derogare al numero di praticanti avvocati consentito.

L’art.14, lett. c), della cd. legge professionale (legge 36/34) attribuisce espressamente ai Consigli dell’Ordine compiti di vigilanza sull’esercizio della pratica forense, e tale disposizione viene interpretata dalla giurisprudenza (cfr. Cons. di stato, Sez. IV, n. 619/2004; Cass. S.U. 11 aprile/6 giugno 2002) come attributiva del “potere di disciplinare la pratica forense” (ancor prima che di vigilare sul suo svolgimento), cioè di stabilirne in via astratta e normativa condizioni e modalità, anche in funzione di autolimite all’esercizio di un tale potere discrezionale. Ne consegue che, poiché tale funzione di disciplina e vigilanza risponde primariamente alla “ratio” di assicurare effettività e proficuità allo svolgimento della pratica, e di prevenire possibili forme di sfruttamento, va da sé che la previsione di un limite numerico massimo di praticanti da accogliere presso uno studio legale ben può ritenersi corrispondente a tali finalità.

E' quanto stabilito dal TAR Emilia Romagna con la sentenza n. 164 del 7 febbraio 2006 avente ad oggetto il limite numerico di due praticanto per ogni avvocato previsto dal regolamento Uniforme per la pratica forense approvato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara.


I giudici hanno osservato in particolare che la possibilità di una motivata deroga, ove siano documentate condizioni tali da assicurare comunque le finalità della pratica, appare idonea a contemperare tali esigenze con le funzioni promozionali invocate dalla ricorrente, e quindi sottrae la norma regolamentare a qualunque censura di violazione dall’art. 4 del DPR 10/4/90, n. 101, ovvero dei compiti istituzionali dei Consigli degli Ordini Forensi.

cicolex
00giovedì 27 aprile 2006 08:24
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER L'EMILIA-ROMAGNA

BOLOGNA

SEZIONE I

nelle persone dei Signori:

BARTOLOMEO PERRICONE Presidente

ALBERTO PASI Cons. , relatore

CARLO TESTORI Cons.

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

nell'Udienza Pubblica del 03 Novembre 2005

Visto il ricorso 786/2003 proposto da: C. C.

rappresentata e difesa da:

GANDOLFI AVV. CRISTINA

con domicilio eletto in BOLOGNA

PIAZZA ALDROVANDI 3

presso

GANDOLFI AVV. CRISTINA




contro




ORDINE DEGLI AVVOCATI DI FERRARA

rappresentato e difeso da:

GUALANDI AVV. GILBERTO

GUALANDI AVV. FEDERICO

con domicilio eletto in BOLOGNA

VIA MARCONI 20

presso

GUALANDI AVV. FEDERICO




MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA

per l'annullamento

della delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara del 7/4/2003 nonché del silenzio serbato sulle deduzioni integrative presentate il 16/06/2003 e dell’art. 2 del “regolamento” per la pratica forense approvato dal medesimo Consiglio in data 06/02/2003;

Udito il relatore Cons. ALBERTO PASI e uditi altresì gli avvocati presenti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO E DIRITTO

Viene in discussione all’odierna pubblica udienza il ricorso dell’avv. C.C., del foro di Ferrara, avverso il regetto (deliberazione 17 aprile 2003 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara, comunicata il 5 maggio 2003) della domanda di autorizzazione ad accogliere nel suo studio un terzo praticante, in deroga al limite numerico di 2 stabilito dall’art. 2 del “regolamento Uniforme per la pratica forense”, approvato dal Consiglio dell’Ordine il 6 febbraio 2003.

Su domanda di riesame dell’Avv. C., il diniego è stato rinnovato (deliberazione 26 giugno 2003) con diversa motivazione, che pertanto supera e sostituisce, anche sul piano processuale, la precedente, e viene puntualmente gravata di motivi aggiunti.

Resistente il Consiglio dell’Ordine forense, la causa passa in decisione all’odierna pubblica udienza.

Il diniego è stato reiterato “osservando che la richiesta di ottenere la deroga al numero massimo di due praticanti deve essere motivata in modo esauriente dall’istante (deliberazione consiliare 26 giugno 2003).

Effettivamente, l’art. 2 del Regolamento recita che “per ogni avvocato è consentito avere un massino di due praticanti, salva motivata deroga concessa da parte del Consiglio dell’ordine su circostanziata istanza dal medesimo avvocato.”

Se la deroga deve essere motivata, e l’istanza circostanziata, è evidente che alla seconda devono essere allegate le circostanze che rendono necessario o utile per lo studio il terzo praticante, e proficuo per quest’ultimo lo svolgimento delle pratica.

Per contro, la domanda della ricorrente consiste in una esauriente descrizione delle modalità di svolgimento della pratica da parte dei due praticanti già ammessi, mentre, per qunto riguarda la collaborazione di un ulteriore praticante, si limita ad indicarne, come motivo giustificativo, una generica “grande quantità di lavoro”.

Nulla viene allegato ad esempio sulla disponibilità di tempo da parte dell’Avv. C., sulla disponibilità di spazio all’interno dello studio e sul tipo di sistemazione prevista per il terzo praticante, sulle modalità compensative, in generale sulle condizioni che il richiedente ritenga tali da rendere proficua la pratica di un nuovo collaboratore.

Non si comprende poi la pertinenza del riferimento alla possibilità di svolgere talune attività presso altro studio (quello del marito dell’Avv. C.), o altro professionista dello stesso studio.

In definitiva, appare condivisibile la motivazione relativa alla mancanza di una circostanziata istanza di deroga.

La ricorrente sostiene anche la mancanza di una norma primaria, conferente ai Consigli il potere regolamentare nella soggetta materia, e ritiene comunque che esso sia stato esercitato, con l’imposizione di un limite numerico, in violazione del proprio compito istituzionale che, secondo l’art. 4 del DPR 10.4.90, n. 101, è quello di promuovere l’accoglimento di praticanti da parte degli avvocati con almeno un biennio di iscrizione.

Osserva tuttavia il Collegio che l’art.14, lett. c), della cd. legge professionale (legge 36/34) attribuisce espressamente ai Consigli compiti di viglilanza sull’esercizio della pratica forense, e che tale disposizione viene interpretata dalla giurisprudenza (cfr. Cons. di stato, Sez. IV, n. 619/2004; Cass. S.U. 11 aprile/6 giugno 2002) come attributiva del “potere di disciplinare la pratica forense” (ancor prima che di vigilare sul suo svolgimento), cioè di stabilirne in via astratta e normativa condizioni e modalità, anche in funzione di autolimite all’esercizio di un tale potere discrezionale.

Poiché tale funzione di disciplina e vigilanza risponde primariamente alla “ratio” di assicurare effettività e proficuità allo svolgimento della pratica, e di prevenire possibili forme di sfruttamento, va da sé che la previsione di un limite numerico ben corrisponde a tali finalità.

D’altra, parte la possibilità di una motivata deroga, ove siano documentate condizioni tali da assicurare comunque le finalità della pratica, appare idonea a contemperare tali esigenze con le funzioni promozionali invocate dalla ricorrente, e quindi sottrae la norma regolamentare a qualunque censura di violazione dall’art. 4 del DPR 10/4/90, n. 101, ovvero dei compiti istituzionali dei Consigli degli Ordini Forensi.

Infine, la tesi che il limete numerico costituirebbe una vera e propria preclusione rispetto all’accesso al tirocinio, e quindi alla professione, non può essere sostenuta in astratto, una dovrebbe essere documentata in concreto, in relazione al limite delle due unità ed all’effettivo rapporto tra numero degli Avvocati e dei laureati nel distretto di competenza del Consiglio, traducendosi sostanzialmente in una censura di incongruità del limite di due praticanti per avvocato, che nemmeno è stata ritulmente dedotta.

Il ricorso deve pertanto essere respinto.

Spese compensate per motivi di equità.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna, Sezione I, Bologna, pronunziando in via definitiva sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la seguente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 3 novembre 2005.

Presidente (B. Perricone)

Cons. rel est. (A. Pasi)

Depositata in Segreteria in data 07.02.2006

Bologna, li 07.02.2006

Il Segretario

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