Procedimento cautelare e decisione di merito

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Baghee
00martedì 22 giugno 2004 13:11
Nella mia ingenuità...[SM=g27835] vorrei conoscere esempi concreti in cui il g.a. a seguito di richiesta cautelare si sia persuaso di decidere direttamente nel merito il ricorso...

sai com'è in campagna certe cose non si verificano spesso...[SM=g27821]

Grazie e ciao
marco panaro
00martedì 22 giugno 2004 14:25
Tribunale Amministrativo Regionale Campania Napoli sez.I 11/6/2004 n. 9403

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania 1^ Sezione - ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso n. 5682/04 R.G. proposto da L’Edera s.r.l. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fabio Orefice ed elettivamente domiciliata in Napoli, via Giustiniano n. 136, presso lo studio dell’Avvocato Fabio Orefice;
c o n t r o
Comune di Sant’Agata dei Goti in persona del Commissario Straordinario p.t. rappresentato e difeso dall’Avvocato Paolo Abbate ed elettivamente domiciliato in Napoli, vico Acitillo n. 12, presso lo studio dell’Avvocato Enrico Ferrante Donatone;
nonché nei confronti di
Ditta individuale Acampora Nunzia, rappresentata e difesa dall’Avvocato Oreste Viola ed elettivamente domiciliata in Napoli, via Toledo n. 156, presso lo studio Soprano;
per l’annullamento, previa sospensione
a) Della determinazione del Segretario Generale del Comune di Sant’Agata dei Goti n. 18 del 23.2.2004, recante aggiudicazione definitiva del pubblico incanto relativo al contratto di “ Appalto Biennale del Servizio di Pulizia degli uffici di pertinenza del Comune di Sant’Agata dei Goti” alla ditta Acampora Nunzia;
b) Della proposta di determina n. 66 del 23.2.2004 a firma del responsabile del procedimento dell’Area Funzionale Tecnica Manutentiva ;
c) del verbale di gara n. 3 del 18.2.2004 con il quale la Commissione di gara ha disposto l’esclusione dalla gara della società L’Edera s.r.l. ritenendo che “il risultato finale della giustificazione (riepilogativo dell’offerta) evidenzia la non giustificazione dell’offerta”;
d) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, connesso, collegato, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compreso per quanto di ragione: 1) il verbale di gara n. 2 del 301.2004 nella parte in cui reca la decisione del Presidente della Commissione di gara assunta in pari data relativa alla richiesta di giustificazione dell’offerta “per l’autonomo potere discrezionale di apprezzamento dell’offerta” anche alla ditta ricorrente; 2) il verbale di gara n. 1 del 19 dicembre 2003;

nonché per l’accertamento

del diritto della ricorrente all’aggiudicazione della gara ed al risarcimento dei danni in caso di mancata aggiudicazione;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore il Dott. Paolo Corciulo;
Uditi alla camera di consiglio del 19.5.2004 gli Avvocati di cui verbale di udienza;
Visto l’art. 9 della legge 15.7.2000 n. 205;
Rilevato che:
- la società ricorrente partecipava alla gara di appalto indetta dal Comune di Sant’Agata dei Goti per l’affidamento biennale del servizio di pulizia degli uffici di pertinenza comunale;
- il bando prevedeva, ai fini dell’aggiudicazione, il criterio del prezzo più basso rispetto all’importo a base d’asta che veniva fissato in €/mq 0,94, per un importo complessivo stimato di €69.936,00; inoltre, quanto alla presentazione di eventuali offerte anomale, la lex specialis di gara richiamava espressamente la disciplina di cui all’art. 25 del D.Lgs. 17.3.1995 n. 157;
- la ricorrente presentava la propria offerta giungendo terza classificata con un ribasso del 31,00%;, alle spalle rispettivamente della società Splendente s.r.l. con il 44,50%) della Delta Puliedil con il 33,97%, offerte queste ultime che, tuttavia risultavano anomale in quanto eccedenti la soglia di anomalia fissata al 31,77%
- La Commissione, dopo avere richiesto le giustificazioni alla prima ed alla seconda classificata ed averle respinte, invece di aggiudicare la gara alla ricorrente, che aveva presentato la migliore offerta inferiore alla soglia di anomalia, decideva di sottoporre a verifica anche quest’ultima, così come anche le offerte della ditte giunte quarta e quinta in graduatoria e ciò in base ad un proprio autonomo potere discrezionale di apprezzamento;
- Tuttavia, mentre l’offerta della ricorrente, seppur ritenuta supportata da elementi di sostegno ritenuti di grande valenza e capacità di analisi, veniva esclusa, in quanto non era stato giustificato il prezzo offerto ma uno di importo superiore, le giustificazioni addotte dalla ditta Acampora Nunzia – precedente affidataria del servizio – venivano ritenute idonee a supportare la congruità della sua offerta, di talchè l’aggiudicazione della gara veniva disposta in favore di quest’ultima concorrente;
Rilevato ancora che:
- avverso il provvedimento con cui si era ritenuto di procedere alla verifica della sua offerta, contro quello di ricusazione delle giustificazioni rese ed ancora nei confronti della determinazione di aggiudicazione della gara in favore della controinteressata proponeva ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale la società L’Edera s.r.l. chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari, nonché avanzando istanza per il risarcimento dei danni subiti;
Rilevava la ricorrente che:
- non poteva consentirsi alla Amministrazione di sottoporre a verifica di congruità offerte che non fossero per definizione anomale, ossia di importo inferiore alla relativa soglia, secondo quanto previsto dall’art. 25 del D.Lgs. 17.3.1995 n. 157; diversamente opinando, si consentirebbe alla stazione appaltante di stravolgere il sistema di aggiudicazione prescelto nel bando attraverso un’indiscriminata sottoposizione a verifica di offerte che la legge considera invece presuntivamente serie ed affidabili;
- il bando di gara aveva espressamente richiamato l’art. 25 del D.Lgs. 17.3.1995 n. 157, con ciò introducendo la disciplina tipica delle offerte anomale che avrebbe dovuto costituire oggetto di puntuale applicazione da parte della stazione appaltante;
- l’Amministrazione aveva violato i criteri e la sequenza del procedimento di gara che imponevano l’aggiudicazione secondo il sistema del prezzo più basso, né aveva adeguatamente giustificato tale modo di procedere;
- contestava altresì il giudizio di anomalia operato dalla Commissione, rilevando di non avere potuto eseguire un calcolo esatto della superficie oggetto del contratto, atteso che questa, per espressa previsione capitolare, sarebbe stata definita in contraddittorio solo successivamente all’aggiudicazione: ciò aveva finito per creare incertezza circa i dati su cui elaborare le giustificazioni, finendo altresì per avvantaggiare (con consequenziale violazione del principio della par condicio) l’aggiudicataria che, essendo precedente affidataria del servizio, era a conoscenza delle superfici effettive su cui questo si sarebbe svolto, trovandosi, quindi, nelle condizioni di meglio calibrare le proprie giustificazioni;
Rilevato che si costituivano in giudizio il Comune di Sant’Agata dei Goti e la controinteressata Ditta Acampora Nunzia che concludevano per il rigetto del ricorso e della domanda cautelare;
Visto che:
- ricorrono i presupposti per una definizione in forma semplificata della presente controversia ai sensi dell’art. 9 della legge 15.7.2000 n. 205;
Considerato che il ricorso è meritevole di accoglimento, in quanto:
- è possibile che l’Amministrazione, in linea di principio, decida di sottoporre a verifica anche offerte che non superino la soglia di anomalia; pertanto, mentre la suddetta verifica assume natura obbligatoria per le offerte anomale “per definizione”, ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. 17.3.1995 n. 157, nell’ipotesi di offerte matematicamente non anomale, la relativa decisione assume natura tecnico discrezionale, riconducibile al potere dell’Amministrazione appaltante di accertare la congruità di una proposta contrattuale a cui sia connesso l’impiego di risorse pubbliche e l’esigenza di tendere all’ottimizzazione della prestazione richiesta (Consiglio di Stato III Sezione 5.3.1998 n. 196; T.A.R. Campania I Sezione 30.5.2000 n. 1715; T.A.R. Lazio Roma II Sezione 6.3.2002 n. 1749; T.A.R. Sardegna 20.11.2002 n. 1593; T.A.R. Lombardia Milano 18.3.2002 n. 1134);
- tuttavia, è indubbio che la possibilità di esercitare un tale potere discrezionale, mentre assume senz’altro rilievo nella prospettiva di tutela dell’interesse pubblico contrattuale, risente dell’esigenza di una puntuale motivazione, in quanto rischierebbe di tradursi in uno stravolgimento dei criteri di aggiudicazione fissati nel bando di gara, e ciò attraverso un eventuale ingiustificato ricorso al sistema della verifica di offerte per definizione non anomale con il solo effetto di estrometterle dalla gara;
- ne consegue che il ricorso a tale potere – senza dubbio di carattere eccezionale –deve essere approfonditamente motivato e ciò sia in ordine alle esigenze che ne abbiano determinato l’esercizio, sia in merito alle eventuali ragioni che abbiano indotto l’organo di gara a ricusare giustificazioni ritenute non idonee o comunque non attendibili;
- nel caso di specie, appare che la Commissione di gara abbia proceduto alla verifica di congruità delle offerte risultate inferiori alla soglia di anomalia, senza che tale scelta sia stata confortata dalla benché minima giustificazione motivazionale, risolvendosi, pertanto, in un’immotivata alterazione del criterio di aggiudicazione della gara, con consequenziale estromissione, di fatto, della società ricorrente, che pur aveva presentato un’offerta definibile come non anomala;-
Rilevato che dalle considerazioni che il ricorso deve essere accolto, con consequenziale annullamento degli atti del procedimento, a partire da quello di sottoposizione a verifica di anomalia delle offerte non anomale fino all’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata;
Considerato che, allo stato, la domanda risarcitoria non può trovare accoglimento, dovendosi attendere le successive determinazioni dell’Amministrazione esecutive della presente decisione in riferimento alla rinnovazione delle operazioni di gara oggetto di annullamento;
Considerato che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Prima Sezione
- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla gli atti del procedimento di gara, a partire dalla sottoposizione a verifica dell’offerta della ricorrente fino all’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata;
- respinge la domanda risarcitoria;
- condanna il Comune di Sant’Agata dei Goti al pagamento delle spese processuali in favore della società ricorrente che si liquidano in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), compensando le spese nei confronti della ditta controinteressata;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 19.5.2004 dai Magistrati
Giancarlo Coraggio Presidente
Arcangelo Monaciliuni Consigliere
Paolo Corciulo Primo Referendario, estensore
Il Presidente L’Estensore

[Modificato da marco panaro 22/06/2004 14.27]

marco panaro
00martedì 22 giugno 2004 14:32
Tribunale Amministrativo Regionale Puglia Bari sez.III 10/6/2004 n. 2483

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
SEDE DI BARI - SEZIONE III

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

in forma semplificata ai sensi dell’art. 26 commi quarto e quinto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotti dall’art. 9 comma primo della legge 21 luglio 2000, n. 205 sul ricorso n. 806 del 2004 proposto da


- Confindustria Puglia – Federazione dell’Industria della Puglia, in persona del procuratore generale pro tempore ing. Gianni Mongelli, con sede in Bari alla Tridente, 22/a;

- “Fosso del Prete” società consortile a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Gino Montinaro, con sede in Campi Salentina (LE) alla via Provinciale Campi – Squinzano Km 2,00;

)...)

CONTRO

- il Presidente pro tempore della Regione Puglia, nella qualità di Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nella Regione Puglia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari e presso la stessa ivi elettivamente domiciliato alla via Melo, 97;

- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari e presso la stessa ivi elettivamente domiciliato alla via Melo, 97; nonché nei confronti

- dell’ Autorità per la Gestione dei Rifiuti Urbani del Bacino LE/3, in persona del Presidente pro tempore, non costituita nel presente giudizio;

- del Comune di Ugento, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito nel presente giudizio; e con l’intervento ad opponendum

- della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Nicolardi ed elettivamente domiciliata in Bari alla via Q. Sella, 120, presso lo studio dell’avv. Luigi Paccione;

per l’annullamento, previa concessione della tutela cautelare,
- del decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia nr. 312 del 13.12.2003, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Puglia nr. 154 del 31.12.2003, unitamente agli allegati schemi di “Bando”, “Estratto” e “Capitolato d’oneri”;
- del bando di gara del 17.12.2003, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (parte II) nr. 299 del 27.12.2003;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, ove occorra, del decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia nr. 313 del 10.12.2003, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia nr. 151 del 24.12.2003;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate ed interveniente;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il ricorso per motivi aggiunti presentato dai medesimi ricorrenti sopra indicati per l’annullamento, previa concessione della tutela cautelare,
- del decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia nr. 24 del 17.2.2004, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia nr. 26 del 4.3.2004, unitamente all’allegato “Avviso di correzioni, rettifiche e precisazioni ai bandi per la gestione dei rifiuti urbani nella Regione Puglia e relativa proroga dei termini di presentazione delle offerte”;
- dell’ “Avviso di correzioni, rettifiche e precisazioni ai bandi per la gestione dei rifiuti urbani nella Regione Puglia e relativa proroga dei termini di presentazione delle offerte” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (parte II) nr. 48 del 27.2.2004.
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla Camera di Consiglio del 27 maggio 2004, fissata per l’esame dell’istanza cautelare proposta in via incidentale, il dott. Raffaele Greco; Uditi in camera di consiglio l’avv. Sticchi Damiani per i ricorrenti, l’Avvocato dello Stato per le Amministrazioni intimate e l’avv. Nicolardi per la Regione Puglia;
Considerato che il ricorso può essere definito con decisione in forma semplificata ai sensi ai sensi dell’art. 26 commi quarto e quinto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come introdotti dall’art. 9 comma primo della legge 21 luglio 2000, n. 205, perché manifestamente inammissibile ed infondato, per le ragioni di seguito esposte;

FATTO

Con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato presso la Segreteria della Sezione di Lecce di questo Tribunale il 4 marzo 2004, i ricorrenti in epigrafe indicati., rispettivamente associazione di categoria rappresentativa delle imprese pugliesi ed imprese tutte operanti nel settore della raccolta e trattamento dei rifiuti urbani, hanno impugnato gli atti in epigrafe meglio indicati, con i quali è stato indetto “pubblico incanto ai sensi del D. Lgs. nr. 157/95” per l’affidamento della progettazione, costruzione e gestione (inclusa l’acquisizione dell’area), per una durata contrattuale massima di 17 anni, di un “sistema impiantistico complesso a servizio del bacino LE/3” costituito da un centro di selezione, una linea di biostabilizzazione e un’annessa discarica di servizio/soccorso, da realizzare nel Comune di Ugento, unitamente all’affidamento della sola gestione del centro di raccolta, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata, già realizzato nello stesso Comune di Ugento, con contestuale approvazione degli schemi di “Bando”, “Estratto” e “Capitolato d’oneri”. Con i citati provvedimenti, si è prevista, in attuazione del P.O.R. Puglia 2000-2006, “l’erogazione di una quota di finanziamento pubblico per la realizzazione degli impianti, a valere sulle risorse della deliberazione C.I.P.E. 3.5.2002, nr. 36 – Riparto risorse aree depresse 2002-2004, pari al 50 % dell’investimento e comunque non superiore a € 4.500.000,00, secondo quanto fissato con deliberazione di G.R. nr. 2231 del 23.12.2002”.
I suddetti provvedimenti sono stati adottati in dichiarata attuazione dei poteri previsti dall’art. 4 co. I dell’Ordinanza del Ministro dell’Interno nr. 3184 del 22.3.2002, così come integrato dall’art. 3 co. I dell’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri nr. 3271 del 12.3.2003, secondo cui “il Commissario delegato – Presidente della Regione Puglia a seguito di procedure di gara comunitaria, anche con il contributo finanziario commissariale o attraverso procedure di finanza di progetto, stipula contratti per la realizzazione e/o gestione di impianti a titolarità pubblica di produzione di combustibile derivato da rifiuti e/o di termovalorizzazione”.
Inoltre, pur richiamando il proprio precedente decreto nr. 308 del 30.9.2002, con cui era stata istituita tra i Comuni interessati l’Autorità per la gestione dei rifiuti urbani del Bacino LE/3, il Commissario ha affermato l’improcrastinabilità dell’attivazione di procedure idonee al definitivo superamento dello stato di emergenza, a fronte dei tempi prevedibili perché le Autorità di gestione – ancorché già istituite – divenissero operative, con la conseguente necessità di avviare la procedura per l’affidamento della gestione del sistema impiantistico complesso, salvo il diritto di subentro nella posizione contrattuale del Commissario stesso da parte dell’Autorità di gestione ovvero del Comune sede dell’impianto.
Il pubblico incanto in oggetto veniva bandito ai sensi del D. Lgs. nr. 157/95 e succ. modif., sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 23 co. I lett. b) dello stesso D. Lgs.
Avverso i provvedimenti innanzi richiamati insorgono gli odierni ricorrenti, deducendone i seguenti profili di illegittimità:
Violazione, erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 4 dell’O.M. nr. 3184/02; Erronea qualificazione e falsa presupposizione in diritto; Violazione dei principi dell’ordinamento comunitario e nazionale in materia di concessioni ed appalti pubblici; Eccesso di potere per violazione di circolare interpretativa; Violazione degli artt. 1, 28 e 36 L.R. nr. 13/00; Eccesso di potere per manifesta contraddittorietà con riferimento alle delibere di G.R. nr. 1697 dell’11.12.2000 e nr. 2231 del 23.12.2002; Incompetenza; Violazione degli artt. 1, 3 e 11 della Direttiva nr. 93/37/CEE e dei relativi allegati; Violazione dei principi di tutela della concorrenza e di massima partecipazione alle procedure di gara; Violazione dell’art. 2 L. nr. 109/94 e dell’art. 98 D.P.R. nr. 554/99; Violazione dell’art. 20 L. nr. 109/94 e degli artt. 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 71, 84 e 85 D.P.R. nr. 554/99; Violazione dell’art. 14 O.M. nr. 3184/02; Violazione dell’art. 5 L. nr. 225/92; Difetto di motivazione, stante l’errore nella qualificazione di base della fattispecie oggetto della gara, considerata quale concessione di servizi laddove, alla stregua di tutti i parametri normativi ed interpretativi innanzi richiamati, avrebbe dovuto essere inquadrata quale concessione di lavori pubblici, atteso che il suo oggetto prevalente era rappresentato dalla realizzazione dell’impianto non in precedenza esistente, rispetto al quale la successiva gestione del servizio per un certo lasso di tempo costituiva prestazione accessoria, rientrando nel corrispettivo riconosciuto all’aggiudicatario il diritto di gestire temporaneamente il servizio con il conseguente sfruttamento economico, con il corollario della necessità di applicare non già la Direttiva nr. 92/50/CEE ed il D. Lgs. nr. 157/95, ma bensì la Direttiva nr. 93/37/CEE e la L. nr. 109/94, ovvero, in alternativa, stante la compresenza di attività riconducibili ad entrambe le tipologie di concessioni, di dissociare gli affidamenti soggetti a discipline comunitarie differenti, evitandone la reductio ad unum nell’ambito di un’unica procedura di gara, il tutto in violazione dell’O.M. e delle delibere regionali sopra richiamate, nonché della L.R. nr. 13 del 25.9.2000, le quali imponevano, come unica valida alternativa allo schema della finanza di progetto, quella della concessione di costruzione e gestione, e con una serie di ricadute, in termini di illegittimità certamente non giustificate dai poteri derogatori riconosciuti al Commissario, sotto i seguenti profili:
a) previsione, quale requisito di partecipazione alla gara, dell’idoneità delle imprese concorrenti, sia come singole che se riunite in Associazione temporanea, ad eseguire direttamente i lavori di realizzazione degli impianti, e del possesso dei requisiti di cui all’art. 8 L. nr. 109/94 attestati mediante appositi certificati S.O.A., con conseguente ingiusta restrizione del bando alle sole imprese di costruzione e violazione del principio di massima partecipazione alla gara;
b) scelta del pubblico incanto in luogo del sistema della licitazione privata, come richiesto dall’art. 20 co. II L. nr. 109/94;
c) mancata predisposizione di un progetto preliminare da porre a base di gara, come richiesto dal medesimo art. 20 co. II L. nr. 109/94, nonché di un piano economico e finanziario di massima, come richiesto dall’art. 18 D.P.R. nr. 554/99;
d) mancata indicazione nel bando di gara della percentuale da appaltare obbligatoriamente a terzi e del livello massimo e della struttura delle tariffe da praticare all’utenza, con la metodologia del loro adeguamento nel tempo, nonché della facoltà o dell’obbligo per il concessionario di costituire società di progetto ex art. 37quinquies L. nr. 109/94, così come richiesto dall’art. 85 D.P.R. nr. 554/99;
Violazione dell’art. 11 e dell’Allegato V della Direttiva nr. 93/37/CEE; Violazione degli artt. 7 e 17 e dell’Allegato III della Direttiva nr. 92/50/CEE; Violazione degli artt. 23 e 73 D.P.R. nr. 554/99; Violazione degli artt. 1, 2 e 3 D.P.C.M. nr. 55 del 10.1.1991 e del relativo Allegato I; Violazione degli artt. 4 e 8 D. Lgs. nr. 157/95 e del relativo Allegato IV; Violazione degli artt. 98 e 99 D.P.R. nr. 554/99; Violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e massima partecipazione alle gare pubbliche; Violazione degli artt. 41 e 97 Cost.; Difetto di motivazione; Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà, risultando non rispettato l’obbligo, sussistente tanto in caso di concessione di lavori pubblici quanto in quello di appalto pubblico di servizi, di indicare nel bando l’importo dei lavori o dei servizi posti a base di gara, quanto meno in via presuntiva, mediante indicazione del quantitativo o entità del contratto ovvero delle prestazioni, o ancora della quantità dei servizi da fornire, con la conseguenziale illegittimità delle clausole che imponevano a pena di esclusione requisiti soggettivi – ed in particolare il conseguimento di un fatturato annuo minimo nell’ultimo triennio e lo svolgimento di servizi affini per un determinato importo minimo nel medesimo triennio -, che avrebbero dovuto essere rapportati proprio all’importo complessivo dell’appalto, non potendo neanche in tal senso soccorrere il richiamo, operato nell’art. 4, lett. A.2.3) e A.2.4) del Disciplinare d’oneri, all’art. 6 co. I D.P.C.M. nr. 55/91, che è disposizione riferita ad ipotesi (appalti di importo pari o superiore a 5 milioni di E.C.U. e inferiore a 35 milioni di E.C.U.) rispetto alla quale i predetti requisiti, così come richiesti, apparivano del tutto sproporzionati ed irragionevoli, oltre che contraddittori rispetto ai requisiti ingiustificatamente differenti richiesti dallo stesso Commissario negli altri 9 decreti ad identico oggetto emanati in pari data, con riguardo ad analoghe opere da realizzarsi in altri bacini;
Violazione dell’art. 19 L. nr. 109/94; Violazione dell’art. 3 co. VIII L. nr. 415/98; Violazione degli artt. 18, 85 e 86 D.P.R. nr. 554/99; Violazione dell’art. 117 D. Lgs. nr. 267/00; Eccesso di potere per illogicità manifesta; Violazione del principio di ragionevolezza; Violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 2 co. II O.M. nr. 3045/00; Incompetenza; Erronea e falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 4 co. I O.M. nr. 3184/02;
Contraddittorietà dell’azione amministrativa, per avere l’Amministrazione, mediante una serie di clausole prevedenti l’obbligo per il concessionario di eseguire rilievi, studi e approfondimenti rispetto al dato meramente indicativo di produzione di rifiuti riportato in 238 t/giorno (art. 2 del Disciplinare d’oneri), con conseguente assunzione di piena responsabilità al riguardo ed espressa liberazione della stazione appaltante da ogni responsabilità (art. 7), e l’obbligo di indicazione della tariffa, rispetto alla quale era previsto il solo adeguamento annuale secondo l’indice ISTAT (art. 7), posto totalmente a carico dei concorrenti l’alea derivante dalla variabilità del dato costituito dal quantitativo giornaliero di rifiuti conferiti, senza prevedere alcun altro meccanismo di adeguamento della tariffa, e quindi omettendo di assicurare al concessionario del servizio l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della gestione, mediante la predisposizione del piano economico e finanziario previsto dall’art. 19 L. nr. 109/94 (applicabile anche alle concessioni di servizi pubblici), senza che la deroga potesse giustificarsi in virtù del disposto dell’art. 2 co. II O.M. nr. 3045/00, che è riferito ad ambito oggettivo del tutto differente (realizzazione di sette impianti di produzione di C.D.R. specificamente localizzati), e comunque dovendo essere l’eventuale deroga assistita da congrua motivazione;
Violazione e mancata applicazione degli artt. 37quinquies L. nr. 109/94 e s.m. e 85 D.P.R. nr. 554/99, stante la già evidenziata mancata previsione nel bando della facoltà o dell’obbligo per l’aggiudicatario di costituire una società di progetto;
Violazione dell’art. 23 co. IV D. Lgs. nr. 157/95 e s.m.; Violazione del principio di imparzialità, stante la violazione del divieto di cumulo in capo allo stesso soggetto affidatario della progettazione e della realizzazione e gestione dei lavori e dei servizi progettati;
Incompetenza; Violazione dell’art. 118 Cost. e del principio di sussidiarietà; Violazione degli artt. 5 e 120 Cost. e del principio di leale cooperazione tra i livelli di governo; Violazione dell’art. 11 O.M. nr. 3077/00; Violazione dell’art. 5 co. II e V L. nr. 225/92; Eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà e travisamento dei fatti, per essersi il Commissario sostituito alle Autorità di gestione, invadendone le attribuzioni, senza previamente porle in mora, ovvero accertare l’affettiva impossibilità che potessero provvedere tempestivamente, e comunque senza coinvolgerle in alcun modo;
Violazione dell’art. 5 L. nr. 225/92 sotto altro profilo; Violazione dei principi generali in materia di attribuzione dei poteri emergenziali; Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità; Difetto di motivazione, atteso che in ogni caso, quand’anche si ipotizzasse la legittimità dell’azione dell’Amministrazione in forza dei poteri derogatori attribuiti dall’art. 14 co. I O.M. nr. 3184/02, quest’ultimo sarebbe illegittimo in parte qua laddove prevede in maniera generica la derogabilità integrale dei Dd. Lgss. nn. 22/97 e 157/95, oltre che della quasi totalità delle previsioni di cui alla L. nr. 109/94, senza peraltro indicare il nesso di strumentalità tra le norme di emergenza e le norme di cui si consentirebbe la temporanea sospensione; Violazione dell’art. 21 co. VII D. Lgs. nr. 22/97, nel testo modificato dall’art. 23 L. nr. 179/02; Violazione delle norme e dei principi di diritto comunitario ed interno in materia di tutela della concorrenza; Violazione dell’art. 41 Cost.; Violazione del principio di ragionevolezza; Eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione, non potendo in alcun modo gli atti impugnati essere interpretati nel senso dell’introduzione di un regime di privativa pubblica, tale da imporre la “esclusività” della titolarità pubblica degli impianti, per le attività di realizzazione e gestione degli impianti di termovalorizzazione.
Chiedevano pertanto le ricorrenti l’annullamento dei provvedimenti impugnati, previa sospensione della loro efficacia.
Le Amministrazioni intimate si costituivano in data 8 marzo 2004, eccependo in via preliminare l’incompetenza della Sezione di Lecce, e nel merito chiedendo genericamente che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e comunque infondato.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 26 marzo 2004 e depositato in Segreteria il 2 aprile 2004, i ricorrenti impugnavano l’ulteriore decreto commissariale nr. 24 del 17.2.2004 e gli atti allegati e connessi, con cui venivano corretti errori materiali e fornite alcune precisazioni e rettifiche rispetto alle previsioni dei precedenti decreti nn. 303, 304, 305, 306, 307, 308, 309, 310, 311 e 312 del 13.12.2003: avverso tali provvedimenti venivano riproposte, in via derivata, le medesime censure già articolate nel ricorso originario.
In data 9 aprile 2004 la Regione Puglia depositava atto di intervento ad opponendum, argomentando diffusamente in ordine alla sussistenza del proprio interesse ad intervenire nel presente giudizio, nonché chiedendo genericamente il rigetto del ricorso e della domanda cautelare.
Con successiva memoria depositata in data 21 aprile 2004, la Regione Puglia eccepiva in via preliminare la tardività dell’impugnazione del decreto commissariale nr. 312 del 13.12.2003 e dell’O.M. nr. 3184/02, ed inoltre l’inammissibilità del ricorso quanto alla posizione di Confindustria per difetto di legittimazione, nonché con riguardo a tutti i ricorrenti, non risultando che gli stessi avessero presentato domanda di partecipazione alla gara per cui è processo, e comunque mancando la prova di uno specifico e concreto pregiudizio che ciascuno di essi avrebbe ricavato dalle disposizioni del bando, non essendo queste ultime immediatamente lesive.
Nel merito, l’Amministrazione regionale controdeduceva articolatamente alle censure di controparte, concludendo per l’infondatezza del ricorso e della connessa domanda cautelare.
Con decreto del 22 aprile 2004, il Presidente della Sezione di Lecce, preso atto dell’adesione delle altre parti all’eccezione di incompetenza formulata dalle Amministrazioni intimate, disponeva la trasmissione degli atti a questa Sede di Bari.
All’esito della trasmissione degli atti, i ricorrenti depositavano in data 12 maggio 2004 nuova istanza cautelare, reiterando la richiesta di sospensione dei provvedimenti impugnati.
Con memoria depositata in data 26 maggio 2004, gli stessi ricorrenti insistevano nelle proprie richieste, controdeducendo ai rilievi di controparte.
Alla camera di consiglio del 27 maggio 2004, fissata per l’esame della predetta domanda di sospensiva, la Regione Puglia ha depositato ulteriori articolate memorie, insistendo sia nelle eccezioni preliminari sia nelle già esposte conclusioni di merito.
Nella circostanza, il Collegio si è riservato di provvedere con sentenza breve ai sensi dell’art. 26 co. IV e V L. nn 1034/71, come introdotti dall’art. 9 L. nr. 205/00, dandone comunicazione alle parti presenti.


segue
marco panaro
00martedì 22 giugno 2004 14:33
DIRITTO

1. In via preliminare, va accolta l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività sollevata dalla Regione Puglia, limitatamente all’impugnazione del Decreto commissariale nr. 313 del 10.12.2003 (che i ricorrenti hanno gravato quale atto presupposto, e “ove occorra”).
Infatti, risulta per tabulas che il predetto provvedimento è stato pubblicato sul B.U.R.P. del 24.12.2003, e pertanto il termine per la relativa impugnazione è scaduto al 23.2.2004 (essendo festivo il 22, sessantesimo dalla pubblicazione): ne consegue che l’odierno ricorso, notificato in data 24.2.2004, va considerato tardivo.
Le osservazioni dei ricorrenti sul punto, incentrate sulla circostanza che il decreto in oggetto nulla ancora disponeva in ordine alle modalità della gara ed alle clausole di partecipazione, possono al più determinare la non incidenza della riscontrata tardività sulle censure articolate sui predetti punti, ma non modificano la conclusione sopra raggiunta.
Va invece disattesa l’analoga eccezione in ordine all’impugnazione dell’Ordinanza Ministeriale nr. 3184/02: tale atto, infatti, stante la sua natura regolamentare e generale, deve ritenersi aver prodotto la (eventuale) lesione all’interesse dei ricorrenti non già dal momento della sua adozione, ma solo per effetto dei Decreti emessi dal Commissario Delegato nell’esercizio dei poteri che egli da essa Ordinanza ha derivato.
In altri termini, non può condividersi l’impostazione della Regione Puglia, che proprio dalla natura di atto generale della citata O.M. trae argomento per sostenere la tardività del ricorso: al riguardo, è sufficiente richiamare la pacifica giurisprudenza in tema di interesse a ricorrere, secondo cui la lesione che il ricorrente riceve dal provvedimento impugnato deve essere attuale e concreto, non potendo consistere nel pericolo di un pregiudizio soltanto potenziale ed eventuale (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 18.12.1987, nr. 790; id., 20.11.1987, nr. 703).

2. Proseguendo nell’esame delle questioni preliminari sollevate dalla Regione Puglia, va ora affrontata quella relativa alla sussistenza o meno della legittimazione a ricorrere in capo alla ricorrente Confindustria Puglia, nei cui confronti è stato chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
L’eccezione è fondata.
Invero, costituisce orientamento giurisprudenziale pressoché costante quello secondo cui alle associazioni di categoria è consentito impugnare atti concernenti singoli associati solo se ed in quanto gli stessi concretino anche una lesione dell’interesse collettivo statutariamente tutelato da dette associazioni, risolvendosi, altrimenti, l’azione in una non consentita sostituzione processuale (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 12.2.2002, nr. 6049).
Nel caso di specie, Confindustria Puglia ricorre, significativamente assieme ad un gruppo di ben determinate società operanti nel settore oggetto della gara per cui è processo, per lamentare sostanzialmente l’illegittimità del bando di gara, che, in virtù di una erronea opzione di fondo (l’aver individuato la disciplina del D. Lgs. nr. 157/95, anziché quella della L. nr. 109/94), determina l’ingiusta esclusione di alcune imprese, con grave vulnus a fondamentali principi di concorrenza ed apertura del mercato.
Ebbene, non risulta al Collegio che sia stata fornita convincente dimostrazione che la tutela di tali valori rientri tra gli obiettivi dell’associazione di categoria in questione, non essendo la stessa specificamente indicata tra gli scopi dell’ente (cfr. art. 2 dello Statuto di Confindustria Puglia allegato al ricorso introduttivo), né potendosi apoditticamente ritenere che essa coincida con l’obiettivo di “promuovere le condizioni più favorevoli per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale” ovvero di agevolare la “coscienza dei valori sociali e civili e di comportamento propri dell’imprenditoria nel contesto di una libera società in sviluppo”: ciò che implicherebbe riconoscere all’associazione ricorrente un ruolo – quello di garante dell’interesse collettivo alla trasparenza del mercato – la cui effettiva sussistenza è quanto meno eccessivo evincere da previsioni così late e generiche.
In altri termini, la legittimazione a ricorrere di Confindustria Puglia appare carente non già, come argomentato dall’Amministrazione, per la situazione di potenziale conflitto d’interesse che vi sarebbe al suo interno (tra iscritti facultati a partecipare alla gara de qua, ed altri invece esclusi), ma per non esser stata fornita la prova positiva che l’affermata illegittimità dei provvedimenti impugnati si traduca in un pregiudizio a tutti o ad alcuno degli interessi collettivi tutelati.
Va pertanto dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Confindustria Puglia.

3. Ulteriore eccezione di inammissibilità, sollevata dall’Amministrazione regionale, si fonda sulla mancanza di prova della partecipazione delle imprese ricorrenti alla gara per cui è processo.
Ad avviso del Collegio, l’eccezione va disattesa.
Ed invero, come correttamente evidenziato dalla difesa dei ricorrenti, l’orientamento tradizionale, che ritiene la partecipazione alla gara presupposto indispensabile per la sussistenza dell’interesse ad impugnare le disposizioni del bando, è stato di recente oggetto di parziale revisione da parte della giurisprudenza amministrativa, anche per effetto delle spinte “garantiste” della Corte di Giustizia CE, giudicandosi eccessivamente penalizzante subordinare l’esercizio del diritto di azione alla previa presentazione di una domanda di partecipazione certamente destinata a non essere accolta, con i correlativi oneri economici, laddove le censure si appuntino proprio su clausole del bando di gara asseritamente discriminatorie o ingiustamente limitatrici della par condicio.
In tale ipotesi, è stato giustamente rilevato che l’interesse tutelato è quello consistente nella stessa aspirazione a partecipare alla gara, e solo in via mediata quello all’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15.7.2003, nr. 6429, citata dai ricorrenti).
Naturalmente, affinché il riconoscimento dell’azionabilità di un tale interesse non si traduca nell’attribuzione di un generico potere di controllo di legalità dell’attività amministrativa, occorrerà pur sempre che i ricorrenti dimostrino di essere titolari di una specifica e concreta pretesa di partecipazione alla gara, e che questa risulti frustrata per effetto delle clausole impugnate del bando.
Nel caso di specie, il ricorso non è stato proposto da quisque de populo, ma da un gruppo di imprese tutte operanti nello specifico settore oggetto della gara, le quali lamentano esser loro ingiustamente preclusa la possibilità di partecipare alla stessa in qualsiasi modo: è appena il caso di evidenziare che tale preclusione non è esclusa neanche qualora le imprese ricorrenti ritengano di riunirsi in Associazione temporanea, giusta il disposto dell’art. 3 del Disciplinare d’oneri, che richiede che anche in tale ipotesi ciascuna delle imprese associate sia “in grado di eseguire direttamente i lavori di realizzazione dell’impianto”.
L’impugnazione, oltre ad investire le scelte di fondo dell’Amministrazione nella qualificazione dell’oggetto della gara e nella disciplina conseguentemente applicabile, si concentra anche su singole e specifiche clausole del bando, la cui illegittimità a detta dei ricorrenti discende sia da tali scelte che da autonome considerazioni: sotto tale profilo, va disattesa anche l’ulteriore eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Amministrazione regionale, essendo agevolmente ricavabili dalla lettura del ricorso le clausole del bando asseritamente illegittime.

4. Nel merito, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Con riguardo alla questione di ordine generale posta dai ricorrenti, relativa alla qualificazione dell’oggetto della gara, il Collegio non ignora le difficoltà che possono esservi nell’inquadrare la procedura per cui è processo tra gli appalti pubblici di servizi di cui al D. Lgs. nr. 157/95, ovvero tra le concessioni di lavori pubblici ex L. nr. 109/94: in particolare, come sottolineato dall’Amministrazione regionale, gli ampi riferimenti interpretativi e giurisprudenziali forniti da parte ricorrente in ordine alla necessità di cogliere il criterio discretivo tra i due istituti nella accessorietà o meno della realizzazione dell’opera rispetto alla gestione del servizio cui la stessa è strumentale, e nella conseguente riconducibilità o meno di tale gestione a mero elemento integrativo della controprestazione prestata dalla P.A. al privato aggiudicatario, lascia del tutto impregiudicato il quesito se l’oggetto della gara all’esame sia da ricondurre all’uno o all’altro dei due schemi.
Sul punto vi è certamente disparita di opinioni in giurisprudenza, potendosi reperire, accanto all’orientamento richiamato dai ricorrenti, altrettanto autorevoli pronunce di segno opposto, e segnatamente nel senso di considerare, in ipotesi di gara avente ad oggetto la realizzazione e successiva gestione di un impianto per lo smaltimento e/o la lavorazione di rifiuti, quale elemento centrale la gestione di siffatto servizio, rispetto al quale la materiale costruzione dell’impianto costituisce attività soltanto prodromica, accessoria e strumentale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10.6.2002, nr. 3207; Sez. VI, 6.9.2000, nr. 4688).
È a questo secondo orientamento che il Collegio ritiene di aderire, apparendo convincenti i rilievi dell’Amministrazione, che ha insistito nell’evidenziare come il vero primario oggetto dell’attenzione del Commissario Delegato, nell’adozione dei provvedimenti oggi impugnati, sia stato il servizio di smaltimento e trattamento dei rifiuti urbani, con il dichiarato proposito di introdurre in tale settore innovazioni determinanti (impiego dei rifiuti per la produzione di combustibile ovvero termovalorizzazione), rispetto alle quali la realizzazione di nuovi impianti, ovvero il potenziamento di impianti già esistenti, costituisce circostanza meramente accidentale ed “eventuale”: tale aggettivo – è opportuno precisarlo, in replica agli argomenti di parte ricorrente – va inteso con riguardo non già alla possibilità che impianti idonei preesistano o meno alla gara, ma alla più generale valutazione logica e teleologica degli elementi esenziali e connaturali della gara in oggetto. In altri termini, discende dalla ratio stessa dell’intervento attuato con la gara per cui è processo che, mentre sarebbe astrattamente concepibile un suo esperimento limitato alla sola gestione del servizio (ove, per avventura, vi fossero idonei impianti già esistenti), viceversa non avrebbe alcun senso la mera realizzazione di impianti disgiunta dalla successiva gestione del servizio. Ai fini del raggiungimento di una tale conclusione, un criterio ermeneutico decisivo è fornito dall’art. 27 D. Lgs. nr. 22/97 (disposizione significativamente quasi del tutto pretermessa dai ricorrenti nella loro pur articolata esposizione), nel quale, seppur riferito alla gestione dei servizi in regime ordinario e non emergenziale, non può non cogliersi il segno di un evidente favor legislativo verso l’accorpamento in capo ad unico soggetto della realizzazione degli impianti e della gestione del servizio: il tutto – è quasi inutile sottolinearlo – all’interno di un contesto nel quale il secondo obiettivo è pacificamente centrale rispetto al primo.
Quanto fin qui esposto rende giustizia anche dell’ulteriore profilo, affacciato dai ricorrenti sia pure in via subordinata, in ordine alla possibilità di qualificare l’oggetto della gara come concessione “mista” di lavori e servizi, con la conseguente necessità di scinderne la disciplina: sul punto, è sufficiente richiamare gli arresti giurisprudenziali che, in riferimento alle gare aventi ad oggetto l’affidamento a terzi non del semplice svolgimento di funzioni pubblicistiche, ma di attività a carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettività, considerano necessario l’impiego dello strumento dell’appalto di servizi in luogo della concessione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, nr. 4688/00 cit.).
Tale schema, in quanto comportante un’analitica e dettagliata disciplina quanto alle modalità dell’affidamento, appare indubbiamente più garantito e conforme ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa e massima apertura del mercato.

5. Dalle considerazioni che precedono discende che va ritenuta corretta la scelta dell’Amministrazione, che ha qualificato l’oggetto della gara come appalto di servizi ai sensi del D. Lgs. nr. 157/95, anziché come concessione di lavori ai sensi della L. nr. 109/94.
Tale conclusione risulta assorbente rispetto alle ulteriori censure articolate dai ricorrenti col primo motivo di ricorso, in riferimento ad una serie di violazioni di disposizioni della citata legge nr. 109/94, il cui rispetto sarebbe stato necessario in virtù della qualificazione dell’oggetto della gara quale appalto di lavori: è il caso, in particolare, dell’affermata violazione dell’art. 20, sulla scorta del quale i ricorrenti sostengono che sarebbe stato doveroso procedere all’affidamento mediante licitazione privata, anziché mediante pubblico incanto.
Al riguardo, il Collegio non può non condividere i rilievi dell’Amministrazione resistente, che ha sottolineato il contrasto stridente tra tale censura e le esigenze di trasparenza conclamate dagli stessi ricorrenti, atteso che non è revocabile in dubbio che la procedura dell’appalto mediante pubblico incanto appaia più aderente a siffatte esigenze, rispetto a quella dell’affidamento in concessione mediante licitazione privata.
Del pari priva di pregio è la doglianza formulata dai ricorrenti in ordine alla preclusione della partecipazione alla gara per imprese che non siano in possesso dei requisiti di qualificazione S.O.A.: ed invero, stante l’acclarata natura di appalto di servizi dell’affidamento in oggetto, la previsione rappresenta null’altro che la puntuale applicazione del disposto di cui all’art. 8 co. XIsepties L. nr. 109/94, il quale, nel prevedere la necessità che gli eventuali lavori accessori siano realizzati da soggetti in possesso dei predetti requisiti di qualificazione, si riferisce a tutte le ipotesi in cui dei lavori accessori in fatto siano previsti dal bando, siano o meno di rilievo economico inferiore al 50 % (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 25.2.2004, nr. 1555).

6. Infondato è anche il secondo motivo d’impugnazione, incentrato sulla presunta mancata indicazione nel bando dell’importo dell’appalto, con la consequenziale illegittimità delle clausole impositive dei requisiti di capacità tecnica ed economica richiesti per la partecipazione alla gara. Ed invero, non risponde al vero che l’Amministrazione abbia omesso di indicare nel bando gli elementi essenziali idonei a definire il valore e l’entità dell’oggetto della gara: vero è invece che le disposizioni del decreto impugnato vanno lette nel contesto normativo e provvedimentale in cui s’inquadrano, essendo state precedute da un approfondito studio delle esigenze e delle caratteristiche dei vari territori interessati agli interventi, sotto il profilo della popolazione residente, del quantitativo stimato di rifiuti prodotti e di altri parametri ugualmente significativi.
Tali rilevazioni, come opportunamente evidenziato dall’Amministrazione regionale, sono confluite nel Decreto commissariale nr. 296/02, ampiamente richiamato dal provvedimento oggi impugnato, in cui è contenuta un’analitica valutazione dei costi degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, nonché dei loro costi di allestimento e gestione, in riferimento alle caratteristiche dei vari bacini di utenza interessati: su questi precisi dati sono poi calibrate le diverse scelte adottate nei Decreti (fra cui quello oggetto dell’odierna impugnazione) emessi in data 13.12.2003, scelte che perciò stesso non appaiono né irragionevoli né ingiustificate, come invece sostenuto dai ricorrenti.
I rilievi appena svolti rendono affatto inconferenti le ulteriori doglianze formulate nel ricorso introduttivo in ordine all’asserita violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, con riferimento alle clausole del bando che prevedono i requisiti di capacità tecnica ed economica per la partecipazione alla gara: tali censure vengono articolate, sul presupposto della mancanza nel bando di ogni indicazione sull’importo dell’appalto, muovendo dall’ipotesi che questo sia da determinare in base all’art. 6 D.P.C.M. nr. 55/91, richiamato espressamente dall’art. 4, lett. A.2.3) e A.2.4), del Disciplinare d’oneri.
Poiché, peraltro, per quanto si è osservato risulta infondato il presupposto sopra richiamato, e sotto altro profilo l’art. 6 D.P.C.M. nr. 55/91 risulta richiamato a tutt’altro riguardo (e segnatamente al fine di richiamare la sola cornice normativa di riferimento in cui s’inscrive l’intervento del Commissario Delegato, legittimato dalla situazione di emergenza ambientale in atto), ne consegue che le censure in esame sono destituite di fondamento.

7. Le considerazioni che precedono consentono di concludere per l’infondatezza anche del terzo motivo di ricorso, incentrato sull’asserita carenza di indicazioni nel bando in ordine all’entità del servizio, o comunque di ogni specificazione di criteri idonei a consentire ai partecipanti di valutare la convenienza della gara sotto il profilo economico-finanziario.
Infatti, una più che sufficiente base di calcolo in tal senso risulta evincibile proprio dai criteri e parametri sopra richiamati, di cui al Decreto commissariale nr. 296/02, nel quale è anche contenuta la previsione di una produzione media di 845 t/giorno di rifiuti, che costituisce il dato di riferimento su cui l’Amministrazione ha fondato le proprie stime orientative. È opportuno sottolineare che il giudizio di sufficienza di siffatti dati non può non tener conto dell’estrema complessità ed ampiezza del servizio oggetto della gara, che con ogni evidenza è suscettibile di variazioni fino ad un certo punto prevedibili, in dipendenza da una pluralità di fattori, sì da rendere di fatto ineliminabile il permanere di una quota di alea in capo ai partecipanti alla gara: a questo limite intrinseco va commisurata ogni valutazione giurisdizionale in ordine all’ottemperanza agli obblighi di rispetto dell’equilibrio economico-finanziario dei predetti partecipanti, richiamati da parte ricorrente.

8. Inconferente è poi la doglianza di cui al quarto motivo d’impugnazione, relativa alla mancata previsione nel bando della facoltà o dell’obbligo per il concessionario di costituire una società di progetto ai sensi dell’art. 37 quinquies L. nr. 109/94.
Al riguardo, è sufficiente osservare che le disposizioni richiamate dai ricorrenti a sostegno della necessità di una tale previsione (artt. 37quinquies L. nr. 109/94 e 85 D.P.R. nr. 554/99), essendo riferite all’ipotesi di affidamento in concessione di lavori o servizi, non sono applicabili al caso di specie, in cui – come ampiamente illustrato – trattasi di appalto di servizi.

9. Infondata è anche la doglianza di cui al quinto motivo di ricorso, in relazione a presunta violazione dell’art. 23 co. IV D. Lgs. nr. 157/95, per avere la gara all’esame ad oggetto sia la progettazione che la successiva esecuzione dei lavori.
Ed invero, l’incompatibilità prevista dalla disposizione innanzi richiamata deve intendersi limitata al solo caso in cui la progettazione si ponga in una fase anteriore allo svolgimento della gara, e non costituisca essa stessa oggetto dell’appalto: solo in tale caso, infatti, vi è l’esigenza di evitare che il soggetto già segnalatosi all’Amministrazione per aver ottenuto l’affidamento della progettazione possa poi partecipare alla gara per l’esecuzione dell’opera, ciò che comporterebbe un’evidente alterazione della par condicio (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 27.12.2000, nr. 2689).
Che questa sia la corretta interpretazione emerge anche dall’ulteriore rilievo secondo cui, diversamente opinando, nessun senso avrebbe la successiva previsione in base alla quale “della suddetta incompatibilità deve essere data notizia nel bando di gara”: infatti, sarebbe inutile richiamare nel bando una preclusione di ordine generale, operante ex lege nei confronti di chiunque, mentre viceversa il richiamo è indispensabile laddove l’incompatibilità sia relativa, e riferita soltanto a chi per avventura abbia già in precedenza ottenuto l’affidamento della redazione del progetto.

10. Con riguardo al sesto, settimo e ottavo motivi di ricorso, tutti incentrati sull’asserita illegittimità dell’esercizio dei poteri straordinari da parte del Commissario Delegato, o in via subordinata sull’illegittimità delle ordinanze attributive di tali poteri, anche questi appaiono infondati.
Sul punto, per quanto attiene alle ipotizzate violazioni dell’attuale riparto costituzionale di competenze tra Stato e Regioni, ovvero del principio di sussidiarietà, il Collegio non può che richiamare le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza costituzionale in proposito, anche dopo la riforma attuata con la L. Cost. nr. 3/01.
In particolare, è stato evidenziato che, rientrando la materia della gestione dell’emergenza fra le competenze statali, non è illegittima l’attribuzione di poteri extra ordinem ad organi dello Stato, anche qualora l’esercizio degli stessi porti ad incidere su competenze regionali, purché siano rispettati i limiti della temporaneità e del rispetto dei principi generali dell’ordinamento (cfr. C. Cost., 5.2.2003, nr. 39, e le altre decisioni citate dall’Amministrazione regionale).
Al di là di tale rilievo di ordine generale, il Collegio in ogni caso non ritiene che i provvedimenti oggetto dell’odierna impugnazione abbiano travalicato i limiti imposti all’esercizio del predetti poteri straordinari, e segnatamente quelli di cui alla L. nr. 225/92: in particolare, l’eventuale deroga alle procedure amministrative previste dalla legge in subiecta materia appare fondata sull’espressa previsione dell’art. 14 dell’O.M. nr. 3184/02, che elencava analiticamente le disposizioni di legge cui il Commissario era autorizzato a derogare (ivi compresa, per intero, la L. nr. 109/94), col che risultava soddisfatto il requisito dell’indicazione specifica delle principali norme derogabili, di cui all’art. 5 co. V L. nr. 225/92.
Inoltre, come evidenziato dall’Amministrazione, anche l’esigenza di indicare il nesso di strumentalità fra siffatte deroghe e le norme di emergenza risultava soddisfatta, potendosi agevolmente evincere tale nesso dal combinato disposto degli artt. 2 e 14 della citata ordinanza, il primo dei quali indica gli obiettivi di fondo che il Commissario deve perseguire per il superamento dell’emergenza, ed il secondo – come detto – elenca le disposizioni di legge a tal fine eventualmente derogabili.
Argomento decisivo nel senso qui sostenuto, peraltro, si ricava dall’intervento attuato dal legislatore con la L. nr. 62/03, di conversione con modifiche del D.L. nr. 15/03, che all’art. 1ter, nel ridefinire attribuzioni e poteri del Commissario Delegato, ha espressamente fatto salvi gli effetti delle precedenti ordinanze attributive di poteri extra ordinem, fra cui quelle oggi impugnate.

11. Sussistono altresì giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sede di Bari – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe n. 806 del 2004:
- dichiara irricevibile il ricorso avverso il Decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia nr. 313 del 10.12.2003;
- dichiara inammissibile il ricorso proposto da Confindustria Puglia – Federazione dell’Industria della Puglia;
- respinge il ricorso proposto dalle altre società ricorrenti avverso gli ulteriori provvedimenti in epigrafe indicati.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 27 maggio 2004, con l’intervento dei magistrati:

Amedeo URBANO, Presidente
Raffaele GRECO, Componente est.
Roberto M. BUCCHI, Componente
cicolex
00martedì 22 giugno 2004 14:36
qualche spunto: QUI
Baghee
00martedì 22 giugno 2004 20:40
Ottimo! sono commmossa...leggerò con attenzione ora vado a vedere la partita...viva gli azzurri....[SM=g27811]
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