ulteriore documentazione tratta da ITACA ,a commento della determina dell'A.V.Contratti
COMMISSIONE INFRASTRUTTURE, MOBILITA’ E GOVERNO DEL
TERRITORIO
della
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
Roma, 18 giugno 2009
Proposte e osservazioni in merito al documento base dell’Autorità per la vigilanza
sui contratti pubblici recante
“Problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del codice dei contratti”
1. PREMESSA DI CARATTERE GENERALE
Le opere di urbanizzazione, sia primaria che secondaria, vanno ormai ritenute
giuridicamente sussumibili nel contesto delle opere pubbliche, attesa la natura
dell’interesse che mirano a soddisfare nonché la cura dello stesso posta in capo ai
comuni.
A ciò va aggiunto che tale qualificazione costituisce un non trascurabile momento di
tutela e garanzia anche per le posizioni soggettive dei privati che acquistano le unità
immobiliari alle quali accedono le opere di urbanizzazione: i costi di queste ultime
infatti, come qualunque costo di produzione di qualunque bene, concorrono a formare il
prezzo di acquisto delle unità immobiliari medesime, con la conseguenza che il peso
economico delle opere in parola cede, in definitiva, a carico dei privati acquirenti che
hanno pertanto sostanziale interesse alla loro corretta realizzazione (è quasi come se
una parte del prezzo pagato per l’acquisto dell’unità immobiliare avesse una sorta di
“vincolo di destinazione” alla realizzazione delle opere di urbanizzazione in qualità di
opera pubblica).
Per tale loro qualità di opera pubblica, le opere di urbanizzazione, quindi, devono
essere realizzate secondo le regole dell’evidenza pubblica che possono oggi ritenersi
poste a presidio di due fondamentali esigenze:
1) la prima, più remota, riconducibile alle norme di contabilità di stato degli anni venti
del secolo scorso, è quella di garantire al soggetto pubblico il più ampio
soddisfacimento dell’interesse pubblico con il minor dispendio di risorse (che conduce,
in sostanza, al razionale utilizzo delle risorse pubbliche);
2) la seconda, più recente, di derivazione comunitaria, è quella di rendere al mercato,
sotto forma di opportunità, le risorse che il sistema economico cede alla finanza
pubblica per effetto dell’imposizione fiscale.
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Orbene, appare evidente che tale quadro di riferimento va tenuto presente anche
allorquando le opere in parola - anziché essere realizzate direttamente dall’ente
pubblico con risorse pubbliche, anche discendenti dal pagamento dei cd. oneri di
urbanizzazione derivanti dal rilascio dei permessi per costruire - vengono poste in
essere a cura e spese del titolare del titolo edilizio, a scomputo del pagamento dei
predetti oneri di urbanizzazione.
In buona sostanza, il fatto che sul debitore (il titolare del titolo edilizio) gravi una
obbligazione facoltativa (vale a dire pagare gli oneri di urbanizzazione o farsi carico
della realizzazione delle relative opere) non muta la natura pubblica dell’interesse del
creditore (il comune) e conseguentemente dei poteri che quest’ultimo, anche come
soggetto pubblico, attiva per la cura e la tutela del predetto interesse.
A valle di questa succinta premessa, che si ritiene debba costituire un punto di
riferimento costante per ogni successiva considerazione, va osservato che il documento
base predisposto dall’Autorità di vigilanza fornisce una esaustiva ricostruzione
dell’istituto in questione evidenziando, al contempo, le criticità riscontrabili in
occasione dell’interpretazione e dell’applicazione delle relative disposizioni.
In questa sede si prescinderà pertanto da ogni sforzo ricostruttivo, in quanto
evidentemente pleonastico, e ci si concentrerà - seguendo la traccia segnata dal predetto
documento base e mantenendo l’orientamento indicato in premessa - sui singoli profili
di criticità che vengono in rilievo.
2. LE OPERE DI URBANIZZAZIONE “A SCOMPUTO” NEL CONTESTO
ECONOMICO ATTUALE.
Premesso che la disciplina delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione va
ormai rinvenuta nel codice dei contratti pubblici e che, conseguentemente,
l’affidamento diretto al soggetto titolare del titolo abilitativo è definitivamente
tramontato, va osservato che l’istituto dello “scomputo”, in base al quale il titolare di
un titolo abilitativo edilizio può assumere il processo realizzativo delle opere di
urbanizzazione connesse all’intervento assentito, scomputandone parzialmente o
totalmente il costo dall’importo dovuto a titolo di contributo per gli oneri di
urbanizzazione, assume un significato sempre più cruciale nel settore dei lavori
pubblici e per lo sviluppo dell’edilizia.
Il ricorso allo “scomputo” consente difatti ai comuni di conseguire in tempi coerenti
con la tempistica di realizzazione degli interventi oggetto del titolo abilitativo le
urbanizzazioni necessarie al territorio, allocando al contempo in capo al privato il
rischio economico correlato alla realizzazione dell’intervento.
Per altro verso, occorre anche riconoscere al mercato delle opere pubbliche, in larga
parte rappresentato da opere di urbanizzazione primaria e secondaria, un ruolo trainante
per stimolare la ripresa economica, in particolare in condizioni congiunturali
sfavorevoli, come la crisi dirompente che a tutt’oggi interessa l’economia globale.
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In questo scenario, diviene indispensabile disporre di regole chiare, di agevole lettura
ed applicazione, allo scopo di assicurare il corretto funzionamento di questo complesso
sistema caratterizzato dall’integrazione tra normativa urbanistico-edilizia e normativa
dei contratti pubblici garantendo, nel rispetto del principio comunitario, sia la tutela
della concorrenza che la trasparenza, la tutela dei lavoratori e la loro sicurezza. E’
sintomatico di tale esigenza l’esistenza di numerosi interventi di indirizzo a livello
territoriale.
3. OSSERVAZIONI E PROPOSTE
Pur apprezzando l’iniziativa dell’Autorità, evidentemente intesa a colmare un vuoto
normativo, non va sottaciuta la necessità di un urgente intervento normativo, sia di fonte
primaria che secondaria, che rechi una disciplina chiara ed univoca nella materia de qua
nel rispetto delle competenze statali e regionali in materia.
Ciò premesso, si sottolinea che, in via generale, le osservazioni e le proposte che
seguono evidenziano solo gli aspetti divergenti rispetto alla prospettazione
dell’Autorità.
Le fattispecie ipotizzate risultano le seguenti:
•il privato titolare del permesso di costruire bandisce la gara per la realizzazione
delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione;
•il comune acquisisce dal privato titolare del permesso di costruire il progetto
preliminare e bandisce la gara per la realizzazione delle opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione.
3.A. Il privato titolare del permesso di costruire bandisce la gara per la
realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Come osservazione di carattere generale, si evidenzia che un aspetto critico, deriva dal
fatto che la materia dello scomputo è regolata al contempo da norme urbanistico-edilizie
e dalla legislazione sui contratti pubblici.
A tale riguardo, infatti, mentre la disciplina della gara appartiene alla competenza
legislativa esclusiva del legislatore statale in materia di tutela della concorrenza, sicché
è senza dubbio corretta l’uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale, i profili
urbanistico-edilizi, riconducibili alla materia di potestà legislativa concorrente “governo
del territorio”, ricadono nel campo di applicazione sia della legislazione statale (D.P.R.
380/2001 e L. 1150/1942), limitatamente ai principi fondamentali della materia, sia
della legislazione regionale, per gli aspetti attuativi.
Ne deriva la vigenza di una pluralità di leggi regionali che disciplinano legittimamente
in modo differente e con diversa terminologia, la materia urbanistico- edilizia e, in
particolare, gli istituti che costituiscono il presupposto per l’applicazione delle norme
del codice dei contratti pubblici sulle opere da realizzare a scomputo degli oneri di
urbanizzazione.
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Non si ritiene pertanto pertinente, il richiamo fatto in via esclusiva dall’Autorità, alla
sola normativa urbanistico-edilizia statale, senza tenere conto della legislazione
regionale. Appare pertanto necessaria una precisazione al riguardo.
In via preliminare si condivide l’orientamento secondo cui dal combinato disposto degli
articoli 32, comma 1, lettera g) del decreto legislativo n. 163 del 2006 e 16 del d.P.R. n.
380 del 2001 discende la configurabilità del soggetto titolare del permesso di costruire
quale stazione appaltante.
Il privato, quindi, attraverso lo strumento della cd. convenzione urbanistica, che
definisce oneri ed opere da realizzare, assume al riguardo ogni rischio, anche
economico.
Tuttavia, sulla base dei principi evidenziati in premessa - che pongono al centro la
natura pubblica delle opere di urbanizzazione, comunque realizzate, e dei connessi
interessi -, si ritiene che il predetto disposto normativo costituisca il fondamento
giuridico di una fattispecie di delega di poteri.
In buona sostanza:
1) il momento amministrativo che attua la predetta previsione normativa va individuato
nella convenzione urbanistica;
2) ciò che costituisce oggetto della delega non è la titolarità della posizione di stazione
appaltante bensì il mero esercizio dei poteri ad essa connessi;
3) conseguentemente, il privato è assoggettato alle stesse regole alle quali sarebbe
assoggettato il comune se esercitasse direttamente i poteri di stazione appaltante, salvo
le deroghe espressamente previste dal codice dei contratti pubblici nel caso di specie;
4) conseguentemente, il comune ha nei confronti del privato che esercita il potere di
stazione appaltante:
•il potere di impartire direttive circa gli atti e le procedure da compiere;
•il potere di sostituzione in caso di inerzia;
•il potere di annullamento in sede di autotutela di atti illegittimamente posti in
essere, ex articolo 21-nonies, e di revoca nei casi previsti dall’articolo 21-
quinquies della legge n. 241 del 1990;
•il potere di revoca dell’esercizio dei poteri attribuiti;
5) conseguentemente, il comune ha, con le connesse responsabilità, un penetrante potere
di intervento sull’intero operato del privato sino al momento dell’acquisizione delle
opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune stesso;
6) il privato risponde del suo cattivo operato.
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Nel quadro testé delineato si definisce con chiarezza la differenza tra il ruolo di soggetto
agente (il privato titolare del permesso di costruire) ed il ruolo di soggetto
controllore/interveniente (il comune).
In questa ottica sembra pertanto corretto ritenere che la figura chiamata ad esercitare i
poteri posti in capo al comune non sia necessariamente il R.U.P.. Infatti, prevedere la
figura del R.U.P. come necessaria, da un lato, tradirebbe la bipartizione sopra delineata
(soggetto agente - soggetto controllore/interveniente), con conseguente incoerenza della
ricostruzione; dall’altro, farebbe venir meno la ragion d’essere della previsione
normativa che contempla l’alternativa tra procedura a cura del comune e procedura a
cura del soggetto privato titolare del permesso di costruire.
A tale riguardo, sembra invece corretto ricondurre l’esercizio dei predetti poteri
comunali all’autonomia organizzativa dei singoli enti (ad esempio attraverso la nomina
di un commissario, o di responsabile del procedimento ex legge 241 del 1990 etc.),
secondo i rispettivi ordinamenti, salva la competenza legislativa regionale nel rispetto
dell’articolo 117 della Costituzione.
Coerentemente con quanto fin qui sostenuto, si ritiene altresì che il soggetto privato
titolare del permesso di costruire, dopo aver proceduto alla scelta del contraente
secondo le regole del codice dei contratti pubblici, proceda alla stipulazione del
contratto per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
A tale riguardo, va tuttavia ribadito che – proprio per effetto della distinzione
evidenziata supra tra titolarità e potere – il comune resta, come precisato in premessa,
titolare del connesso interesse pubblico.
Ciò conduce ad inquadrare il contratto concluso dal privato (stipulante) con
l’appaltatore (promittente) come contratto a favore di terzo (il comune).
Lo stipulante infatti – tenuto, come evidenziato in premessa, all’adempimento
dell’obbligazione facoltativa nei confronti del comune – ha interesse alla conclusione
del contratto in questione per effetto della sua posizione debitoria e il comune, dal canto
suo, ha interesse diretto alla corretta esecuzione del contratto medesimo (a tacer d’altro,
infatti, le opere di urbanizzazione sono acquisite al patrimonio indisponibile del comune
che dovrà poi gestirle).
Conseguentemente, anche nella fase della stipulazione e dell’esecuzione del contratto il
comune conserva i penetranti poteri ai quali si è fatto cenno che, nel momento in esame,
si sostanziano almeno nella:
previsione di idonee garanzie finanziarie da prestarsi attraverso apposita
fidejussione o polizza assicurativa a garanzia della buona esecuzione delle
opere;
previsione che il collaudo da parte del comune venga effettuato in corso d’opera;
applicazione della disciplina delle varianti in corso d’opera.
3.A.1 - Il riferimento alla soglia comunitaria
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Nel determinare le modalità di verifica del raggiungimento o meno della “soglia
comunitaria”, da cui dipende l’individuazione della procedura di scelta dell’esecutore
dei lavori relativi alle opere di urbanizzazione [ex art. 32, comma 1, lett. g) per i
contratti di rilevanza comunitaria ed ex art. 122, comma 8, per i contratti sotto soglia],
l’Autorità di vigilanza si attiene al principio sancito nella sentenza della Corte di
Giustizia 21 febbraio 2008, causa C-412/04. Nello specifico, secondo il giudice
comunitario, è necessario considerare il valore complessivo dell’intervento di
urbanizzazione, e non singolarmente il valore di ciascuna opera di urbanizzazione
contemplata dal medesimo piano urbanistico e dalla conseguente, unitaria, convenzione.
Ciò non toglie che possano essere effettuati affidamenti distinti (ad esempio
distinguendo tra opere di urbanizzazione primaria ed opere di urbanizzazione
secondaria), purché il valore complessivo delle opere oggetto di autonomi appalti sia
considerato unitariamente al fine di valutare il raggiungimento o meno della “soglia
comunitaria” e, conseguentemente, di individuare la disciplina applicabile a ciascun
affidamento.
Giova peraltro ricordare come il principio in questione costituisca esplicitazione, con
riferimento alla fattispecie delle opere a scomputo, della regola generale di cui all’art.
29, comma 7, del codice dei contratti (che riproduce negli esatti termini quanto stabilito
dall’art. 9 della Direttiva 2004/18/CE) in punto di calcolo del valore stimato dei
contratti pubblici in caso di appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti. Ai
sensi della lett. b) dell’art. 29, comma 7, testè richiamato, difatti, “quando il valore
cumulato dei lotti è pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 28, le norme dettate
per i contratti di rilevanza comunitaria si applicano all'aggiudicazione di ciascun
lotto”.
Va per altro verso rammentato altresì che la norma codicistica introduce, a
temperamento di questa rigida regola di calcolo dell’importo stimato, una precisa
deroga, ammessa entro precisi limiti di importo, laddove statuisce che “le stazioni
appaltanti possono tuttavia derogare a tale applicazione per i lotti il cui valore stimato
al netto dell'IVA sia inferiore …. a un milione di euro per i lavori, purché il valore
cumulato di tali lotti non superi il 20% del valore complessivo di tutti i lotti” [art. 29,
comma 7, lett. c), D.Lgs. 163/2006].
Si ritiene pertanto opportuno precisare che, nel caso di ricorso a singoli affidamenti
delle opere di urbanizzazione complessivamente previste nella convenzione, trova
applicazione la deroga di cui al richiamato art. 29 del codice dei contratti pubblici, ivi
compresa la deroga di cui al richiamato comma 7 lettera c) dello stesso.
3.B. Il comune acquisisce dal privato titolare del permesso di costruire il progetto
preliminare e bandisce la gara per la realizzazione delle opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione.
In relazione alla questione dell’individuazione – tra il comune ed il privato titolare del
permesso di costruire – del soggetto che stipula il contratto a valle della gara espletata
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dal comune, si ritiene preferibile l’orientamento secondo cui la posizione di parte
contrattuale sia ricoperta dal privato.
Quanto innanzi per le seguenti ragioni:
•il comune deve solo provvedere alla scelta del contraente, nel rispetto delle
regole dell’evidenza pubblica, ma non deve assumere il rischio dell’operazione
economica (si pensi al caso del fallimento dell’impresa appaltatrice) che deve
rimanere in capo al privato titolare del permesso di costruire. Quest’ultimo si
libera solo con la corretta realizzazione delle opere e con la loro acquisizione al
patrimonio indisponibile del comune;
•se il comune assumesse il ruolo di parte, risulterebbe meno netta, e quindi meno
sensata, la distinzione tra opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione e
pagamento diretto di questi ultimi;
•restano ferme le considerazioni esposte sopra in ordine alla qualificabilità del
contratto come contratto a favore di terzo e quindi sull’interesse del comune alla
prestazione, sui poteri penetranti del comune sull’esecuzione del contratto e
sull’interesse del privato stipulante.
3.C – Le opere di urbanizzazione di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Appare preferibile il primo degli orientamenti prospettati dall’Autorità, vale a dire
quello secondo cui, per effetto dell’articolo 122, comma 8 del codice dei contratti
pubblici, vada applicato l’articolo 57, comma 6 del medesimo codice, in materia di
procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, in entrambe le
fattispecie trattate supra sub 3.A) e 3.B).
Quanto innanzi in ragione della assorbente considerazione secondo cui l’articolo 32,
comma 1, lettera g) – cui l’articolo 122, comma 8 rinvia – contempla espressamente
proprio il caso della gara espletata dal comune.
3.D – Progettazione.
Trattandosi di opere pubbliche, sebbene realizzate a scomputo degli oneri dovuti, le
stesse, così come previsto per tutte le tipologie di affidamento previste dal codice dei
contratti pubblici, devono essere progettate da soggetti qualificati, sviluppate secondo i
tre livelli previsti dall’articolo 93 del codice medesimo, verificati dal comune.
3.E – Adempimenti nei confronti dell’Osservatorio dei contratti pubblici.
Si evidenzia la circostanza che sino ad ora, anche a seguito del convincimento che le
opere realizzate a scomputo non fossero di fatto opere pubbliche, le informazioni
riguardanti le stesse non siano mai state oggetto di comunicazioni all’Osservatorio così
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come e obbligatorio per tutti i contratti di opere pubbliche e ora esteso ai servizi e
forniture anche in ottemperanza alle normative regionali vigenti in materia. Detta
circostanza ha di fatto sottratto alla rilevazione una notevole quantità di contratti per un
volume economico significativo (si potrebbe ipotizzare quasi il cinquanta per cento
dell’intero quantitativo delle opere ascrivibili ai comuni) sia per la fase programmatoria
che per la fase attuativa. Detta circostanza oltre a creare situazioni di disomogeneità
delle rilevazioni potrebbe di fatto minare le attività proprie dell’Autorità tra le quali la
relazione al parlamento e la vigilanza sul mercato delle imprese oltre all’eventuale
evasione contributiva.
La mancata rilevazione delle opere pubbliche realizzate a scomputo è pregiudizievole
per le politiche territoriali e le valutazioni socio-economiche nonché di vigilanza e
controllo operata dagli organi competenti in materia di sicurezza del lavoro e
infiltrazione della delinquenza organizzata, attività spesso promosse e coordinate dalle
Regioni territorialmente competenti.
Si ritiene opportuno cogliere l’occasione della volontà espressa dall’Autorità di
adottare un atto a carattere generale sulla materia, che lo stesso indichi chiaramente
l’obbligo di comunicazione delle informazioni all’Osservatorio e gli eventuali ulteriori
adempimenti, dato atto che detto obbligo è riferito alle comunicazioni agli osservatori
regionali in quanto opere di interesse regionale.